Marzo 26, 2022

La differenza che intercorre tra sperare e sparare è labile, e ce lo ha insegnato il conflitto in Ucraina. Uno se spera, non ha la certezza di ottenere quello che vuole. Anche se uno spara non ha la certezza di ottenere quello che vuole, ma di sicuro ha buone possibilità di togliere di mezzo un ostacolo.

La barbarica guerra fratricida portata avanti da Vladimir Putin non ha tuttavia tolto di mezzo la speranza, e chiamatemi pure visionario o utopista se ritengo più conveniente sperare invece che sparare.

Ogni giorno che passa vedo attorno a me sempre più cose che mi fanno credere che, forse, l’uomo non è lupo all’altro uomo: come non ricordare quei giovani soldati russi – bambini – in lacrime, perché loro questa guerra non la volevano?

Penso anche a Viktoryja Azarenka, tennista bielorussa, scoppiata in lacrime durante una partita, perché sente il peso di un conflitto incomprensibile, un peso capace di condizionare la partita durante l’Indian Wells: lei, numero uno del ranking femminile mondiale, perde la partita, e decide di cancellarsi da tutti i social.

Poi ci sono le donne ucraine che fanno chiamare la mamma al giovane militare appena fatto prigioniero di guerra, rifocillandolo con tè e cibo, mentre lui piange nel sentire la voce materna… Tutti questi fatti, volenti o nolenti, sono la dimostrazione che si può ancora sperare invece di sparare.

Tuttavia, tutto quello che sta succedendo nella “mia” Ucraina, mi riporta anche alla mente una bella (anche se un po’ cinica) canzone di Fabrizio De André: Girotondo è il dialogo tra il cantautore e alcuni bambini sugli effetti devastanti della guerra.

“Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero
Se verrà la guerra, Marcondiro’ndà
Sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera
Sul mare e sulla terra chi ci salverà?”.

Si chiedono De André e i bambini.

“Ci salverà il soldato che non la vorrà
Ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà”.

Risponde De André.

Eppure, la canzone continua: non sarà sufficiente la semplicità bambinesca a salvare il mondo dalla guerra. “La guerra è già scoppiata”, chi ci può salvare? Un Dio che sentiamo troppo distante in simili accadimenti? L’aviatore che si rifiuterà di sganciare la bomba in nome di qualche presunto ideale pacifista? No. Niente di tutto ciò potrà salvare l’innocenza di questi bambini, i quali si troveranno cresciuti all’improvviso – da notare nella canzone il cambio di voce dei fanciulli scelti da Faber, da voci bianche a bassi in poche strofe – e dovranno constatare l’amara verità: ci sono troppe buche per continuare il loro girotondo, la guerra è dappertutto. Ed è allora che, con un cinismo che lo caratterizza in molti suoi testi, De André decide di far cambiare gioco ai bambini ormai adulti.

“Abbiam tutta la terra, Marcondiro’ndera
Giocheremo a far la guerra, Marcondiro’ndà”

La canzone termina confondendo le parole e confondendo l’ascoltatore, che non capisce più se la guerra sia un gioco o l’amara realtà, ma ha ben chiaro che non è possibile sperare: in un mondo dove vince l’odio puoi solo sparare.

Ma io, personalmente, non sono d’accordo. Da italiano adottato dall’Ucraina, e da abitante di questa Terra, mi trovo costretto a dissentire con uno dei miei cantautori preferiti: è ancora possibile sperare, è lecito sperare. Chi crede, sa che Dio non è scappato di fronte a tanto orrore, e sa che ha ragione Manzoni a far dire a Fra Cristoforo – di fronte a un Renzo e una Lucia affranti per il mancato matrimonio – che “Dio non turba mai la gioia dei propri figli, se non per riservargliene una di più grande e certa” (cito a memoria, non ho la pretesa che sia esatta).

Io non posso sapere come si concluderà il tutto, non posso dire se non ci troveremo anche noi – tra un giorno, tra un mese o tra anni – a sparare invece di sperare. Posso però constatare come oggi la speranza mi si ponga davanti agli occhi, abbia la meglio. Non solo in soldati russi, in tenniste bielorusse o donne ucraine mosse a pietà, ma anche nelle file interminabili di macchine che trasportano da settimane pacchi alimentari alla chiesa di Santa Sofia degli Ucraini a Roma, in quelle persone che manifestano pacificamente per la propria indipendenza e libertà in quelle città già “conquistate” (ma chi può davvero conquistare il cuore dell’uomo?) dalla Russia, nelle piazze di tutto il mondo che si accendono di blu e giallo.

Io continuo a sperare. Anzi, a pregare.

Obiettivo Studenti Firenze

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