Maggio 29, 2022

“Dico io me ne frego di quel che pensano loro
Ma lo dico solo perché pensino sia vero
Stupido paradosso, stupido me

[…]

Quando tu sei via io provo nostalgia della tua compagnia
E ti vorrei
E vorrei solo stare solo, stare solo, stare solo, stare solo con te
Ma poi quando ci sei vorrei solo restare solo
Stupido paradosso, stupido me
.”

(Dutch Nazari, Stupido paradosso)

Con questo refrain Dutch Nazari, cantante padovano classe ’89, tenta di offrire al pubblico una visione più chiara di quella coscienza, spesso vaga, del dualismo che abita in noi. È un tema che sembra avere particolarmente a cuore anche il cantautore Vasco Brondi, che più volte sfiora in diverse sue canzoni:

“E dove c’era un minareto o un campanile
C’è un albero in fiore tra le rovine
Ci siamo noi due, accecati dal sole
Mentre cerchi di spiegare
Cos’è che ci ha fatto inventare
La torre Eiffel, le guerre di religione
La Stazione spaziale internazionale
Le armi di distruzione di massa
Le canzoni d’amore
.”

(Vasco Brondi, Coprifuoco)

Il testo continua poi con un’altra domanda: che cosa ci rende allo stesso tempo unici e fragili, noi che siamo sempre “tra un amore e una guerra”?

C’è un vero e proprio enigma in noi, quello di passare dalla miseria alla grandezza, tirati agli estremi di due possibilità opposte: fare cose grandi e straordinarie, e farne di terribili, sbagliare. Prendere in pieno il centro e mancare il bersaglio. Bene e male.

Ognuno potrà dire se è vero per sé, ma per quanto mi riguarda è un’esperienza continua. Delle volte guardo proprio con stupore a quello che di bello nasce da me o in me: progetti, amicizie, cura, impegno, benevolenza, interesse e tanto altro. Non posso però nascondere che da me o in me nasce anche tutto l’opposto. È un’antitesi di cui a volte può essere facile vedere o considerare soltanto un termine, e definirci: sono il migliore/sono uno schifo. Mi sembra però di poter dire che i due estremi da soli rimangono due parziali, né uno né l’altro mi descrive appieno: vivo a un tempo due posizioni opposte, come nella parola latina monstrum, traducibile mostro e prodigio insieme; e mi pare che i due cantanti rilevino proprio questa contraddizione, in maniera più blanda il primo e più incisiva il secondo. In modo molto più tranchant ed espressivo è ciò che esprime anche Pascal, aggiungendo però un tassello non di poco conto:

Quale chimera è dunque l’uomo! Quale stranezza, quale mostro, quale caos, quale soggetto di contraddizioni, quale prodigio! Giudice di tutte le cose, verme ottuso della terra; fiduciario della verità, cloaca d’incertezza e d’errore; gloria e rifiuto del mondo.

[…]

Che ne sarà dunque dell’uomo? Sarà uguale a Dio o alle bestie? Che spaventosa distanza! Che sarà di noi dunque? Chi non vede da tutto ciò che l’uomo è smarrito, che è caduto dal suo posto, che lo cerca con inquietudine, che non sa più ritrovarlo? E chi ve lo indirizzerà di nuovo?

(B. Pascal, Pensieri)

Nel male che fa, nell’incoerenza che vive l’uomo “è smarrito”! Non “è definito”, non “è pienamente sé”, è smarrito! È una lotta durissima perché si tratta di riconoscere la propria miseria, il proprio male, e non riconoscersi in fondo definiti solo da questo. Una lotta descritta bene da Romano Guardini, proprio nel testo in cui si propone di mostrare il vero volto del matematico e filosofo francese:

“Egli vive l’esistenza non solo combattivamente, […] ma anche tragicamente: come elevazione e ricaduta, lotta e sconfitta, conquista e perdita. […] Ché l’uomo stesso che lotta è grande e miserevole a un tempo, forte e meschino, e l’affanno della fatica non testimonia soltanto la gravezza del cammino verso l’alto, ma l’esistenza di un’interna confusione, frattura, macchia, non senso.”

(R. Guardini, Pascal)

Nel cammino al vero c’è incoerenza, errore, ma è al vero che si tende, non all’errore. Tuttavia il “cammino verso l’alto” non si può intraprendere se non ci si sottrae in qualche modo all’irretimento del solo male, cioè se non ci si ritrova amati. Ma amati in tutto. Per dirla con una canzone di Vasco Brondi, c’è bisogno di qualcuno che ci guardi con benevolenza ci dica “Cara catastrofe”.

Obiettivo Studenti Firenze

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